Facciamo Chiarezza in 5 Minuti (Rubrica Settimanale) – Quanto ci costano gli “enti inutili”?

Salve a tutti nella penultima puntata della mia rubrica parlerò degli enti inutili. Nonostante sia un argomento di cui si sia tornato a parlare solo recentemente a causa del Referendum del 4 Dicembre, la polemica ha radici antiche. Buona lettura!

PUNTATA NUMERO 9 – QUANTO CI COSTANO GLI “ENTI INUTILI”?

La polemica ebbe inizio nel lontano 1998, quando l’allora ex segretario del Partito Liberale Italiano ed ex Ministro della Salute Raffaele Costa, individuò prima 500 e poi addirittura 1000 Enti inutili da cancellare. Per farlo, come di solito accade in Italia, si istituì un apposito Ente, inutile naturalmente. E qualche anno dopo l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, individuò anche coloro che facevano parte di questa grande famiglia degli Enti inutili : circa un milione di persone. 

Solo in stipendi circa 20 miliardi l’anno. Troppi. Di questi, 10 miliardi potrebbero essere tranquillamente tagliati; Dieci anni dopo, furono individuati circa 1612 enti inutili da eliminare. Ma non fu fatto altro. Vivono ancora enti come i Tribunali delle acque, i Bacini imbriferi montani, gli ATO e i 138 enti parco regionali oltre alla flotta dei consorzi di bonifica. Vivono perché tagliargli è un’impresa che ha del sovrumano. La prima legge per eliminarli fu varata negli anni ’50 (1956), ma venne narcotizzata da decreti e circolari interpretative. Tutto questo mentre gli enti aumentavano a vista d’occhio.

Ancora: l’Istituto di beneficenza Vittorio Emanuele III, varato nel 1907; o l’ Ente per il patronato pro-ciechi Regina Margherita e l’Istituto nazionali dei ciechi Vittorio Emanuele II; o l’Opera nazionale dei figli degli aviatori, l’Opera nazionale per la maternità e l’infanzia dei fanciulli, l’Opera nazionale combattenti, l’Ente nazionale per i lavoratori rimpatriati e i profughi. Decine sono gli Enti pubblici che si occupano di formazione: «Ente nazionale per l’ addestramento dei lavoratori del commercio» (ENLAC); e l’ Istituto nazionale per l’addestramento e il perfezionamento dei lavoratori dell’ industria (INAPLI). E poi gli enti che difendono i mille campanili: in Veneto svetta l’Istituto per la conservazione della gondola e la tutela del gondoliere.

Nel Trentino Alto Adige i ladini hanno l’Istituto storico per l’ identità della lingua. In Piemonte brilla il Centro piemontese per studi africani,in Campania l’Ente per lo studio dei materiali plastici per i poteri di difesa dalla corrosione (ma che?). Decine le Fondazioni. Ricevono, ogni anno, dallo Stato, centinaia di migliaia di euro. Si occupano di storia, arte, cultura, religione, difesa, sicurezza, commercio, musica e arte, perfino start up tecnologiche. Il CODACONS recensì gli organismi più pittoreschi: dall’Unione italiana Tiro a Segno fino al Centro piemontese di studi africani, all’Istituto di sviluppo ippico per la Sicilia. Sopravvive anche l’Istituto Regionale per le Ville Tuscolane aperto solo poche volte l’ anno e su appuntamento.

Spesso queste mostruosità hanno dignità e bilanci nascosti. Paradossalmente, non possono essere uccise. Come l’Unione Nazionale per la Lotta contro l’ Analfabetismo, l’Istituto per lo sviluppo agroalimentare, l’Istituto per il commercio estero soppresso ma subito trasformato in agenzia. L’ Ente nazionale per il Microcredito fondato da Mario Baccini fu chiuso ma poi riaperto grazie ad un emendamento in zona Ncd. Il paradosso-enti crea anche casi umani. Straziata l’ autodenuncia di Donato De Carolis commissario straordinario dell’ Ente autonomo Fiera dell’ Ascensione di Francavilla Fontana, Brindisi: «Il mio incarico era per sei mesi è durato sei anni e sono ancora qui. I dipendenti sono tutti in pensione, ma il patrimonio resta ed è inutilizzato. Va chiuso, non ha più ragione di vita». Come non ci sarebbe ragione di vita per il famosissimo CNEL, che è ancora lì, con i vertici rinnovati; o l’Enit che il ministro Franceschini ha resuscitato dopo il commissariamento.

A proposito di cultura. Non è vero che con la cultura non si mangia:

Analizziamo l’ARCUS, la Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo nata nel 2004. Il suo bilancio del 2014 fa registrare, alla voce «uscite generali», un patrimonio: 38 milioni e 800 mila euro. Tra le «spese correnti» , 417 mila euro per le retribuzioni lorde e 850 mila per l’«acquisto di servizi non sanitari». Ben 26 milioni e mezzo sono i «trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche». Quanto ai compensi: se l’ amministratore unico, Ludovico Ortona, nel 2014 ha ricevuto 24 mila euro lordi, la retribuzione del direttore generale, Ettore Pietrabissa, è stata di 190 mila nel 2013. Quella del direttore centrale: 127 mila nel 2013. Cottarelli aveva ovviamente inserito l’ARCUS negli «enti inutili», Monti lo soppresse. Ma durante il governo Letta la solita timida manovrina -sostenuta sia da centrodestra che centrosinistra- ne decretò la solita resurrezione. Annientare l’ente inutile è quasi impossibile. Anche Prodi ci provò, ordinando che entro sei mesi dall’inizio di ogni esercizio finanziario, dovessero essere individuati ed eliminati i comitati inutili.

Ecco a voi i cosiddetti “ENTI INUTILI”, mai parole furono più azzeccate. Un giro di soldi che fa rabbrividire.

il solito saluto

ildonatello

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