Facciamo Chiarezza in 5 Minuti (Rubrica Settimanale) – Quanto ci costa la Politica ? (Seconda Parte)

Salve a tutti, l’ottava puntata della mia rubrica, andrà a riprendere un argomento da me già affrontato precedentemente, come da titolo, riaffronterò i costi della politica, estendendoli questa volta al Parlamento, inteso come struttura e personale, e soprattutto a coloro che lo popolano, i politici.

PUNTATA NUMERO 8 – I COSTI DELLA POLITICA (SECONDA PARTE)

La nostra classe politica, da sempre mira di critiche e maledizioni per la loro inoperosità, rappresenta la Casta più pagata d’Europa. I nostri parlamentari hanno gli stipendi più alti d’Europa. Dato confermato da diversi studi condotti negli ultimi anni, dalla relazione della commissione Giovannini, presieduta dall’allora presidente dell’Istat, al dossier Ocse-Eurostat, a uno studio più recente dell’Economist basato su dati del Fondo Monetario Internazionale (Fmi). Nel dettaglio un onorevole guadagna in media sei volte e mezzo più di un elettore e porta a casa uno stipendio lordo mensile che, tra indennità parlamentare, diaria e rimborso di trasporto, supera i 16mila euro: il 60% in più rispetto alle media Ue. E anche i vitalizi fanno la differenza: da noi sono il triplo che altrove.

Ma Montecitorio precisa che questo studio non può essere considerato “attendibile” perché è difficile fare un raffronto fra importi lordi, che risentono di regimi fiscali e previdenziali non sempre pienamente confrontabili.

Altri dati in sterline arrivano dalla Independent parliamentary standards authority (IPSA), in un confronto che prende in considerazione anche Paesi extraeuropei: gli italiani guidano la classifica con un salario di 120.546 sterline, seguiti da Australia (117.805), Stati Uniti (114.660), Canada (100.166) e Norvegia (87.964). Nella seconda parte della classifica ci sono invece Irlanda (79.556), Germania (78.979), Nuova Zelanda (74.154), Svezia (69.017). Infine gli ultimi tre sono Regno Unito (66.396), Francia (56.815) e Spagna (28.969). Su questi dodici paesi la media è di 82.918 euro. L’Italia la supera del 45%.

Permettetemi una piccola riflessione, anche se banale. Questi stipendi sono del tutto sproporzionati alla quantità di lavoro e soprattutto alla qualità del lavoro svolto dalla nostra classe politica. Ma non mi riferisco all’ozio che da sempre contraddistingue coloro che esercitano la funzione legislativa, ma alla quantità di lavoro in termini di “tempo”, questi lavorano 4 ore al giorno! Per non parlare della qualità del lavoro svolto, se i prodotti finali sono leggi come quella della legittima difesa, credo che questi soldi sarebbero più fruttuosi se spesi diversamente.

Ma ora passiamo al Parlamento…

I cinque grandi parlamenti nazionali d’Europa, Germania, Francia, Inghilterra, Italia e Spagna, costano 3,18 miliardi di euro l’anno, ma il Parlamento italiano spende più della somma degli altri quattro messi insieme. E la sorpresa sta nel fatto che la colpa non è tanto degli stipendi, bensì dei costi di struttura molto elevati. Infatti il nostro Parlamento dovrebbe essere sempre tenuto «aperto e agibile, un presidio democratico», per evitare ogni forma di sovversione che si colleghi al Fascismo o a qualche atto eversivo (con annessi costi di sicurezza e manutenzione). Questo nel 1946, oggi non è più cosi: da anni si chiudono i battenti alle 22 e una delle polemiche sotterranee investe proprio il dispendio di risorse. Per una struttura che, di norma e salvo casi rari, potrebbe tranquillamente fermarsi due ore prima, evitando di far rimanere funzionari e documentaristi in servizio permanente effettivo pagandogli pure gli straordinari.

Ma il problema non è la quantità della forza lavoro, tanto meno la qualità, vista l’alta professionalità riconosciuta a tutte le maestranze di ogni ordine e grado, dai funzionari di prima fascia fino ai barbieri. In Italia e Regno Unito, il numero di dipendenti per i due parlamenti è simile (1.620 contro 1.868) ma a fare la differenza è il costo pro capite. Infatti il nostro Paese è l’unico che assume per tutti gli incarichi professionisti ben pagati e con un curriculum lungo la distanza Roma-Buenos Aires, mentre negli altri Paesi Europei, come la Gran Bretagna, si preferisce assumere meno commessi e stenografi a favore di giovani che affiancano i parlamentari nel loro lavoro.

Dall’analisi operata da “Vision”, riguardante i maggiori Parlamenti Europei (Montecitorio, Bundestag, Assemblée Nationale, House of Commons e Congreso de Los Deputados), emerge che non è il costo dei nostri parlamentari a determinare quest’inconveniente. Perché la spesa per le retribuzioni dei parlamentari in carica e in pensione è pari a poco più di un quinto del totale del bilancio 2011 di 1,66 miliardi di euro: dove il costo per il personale in servizio e a riposo è del 42,8%, contro il 23,8% destinato ai parlamentari. E quindi, una delle conclusioni dell’inchiesta di Vision è che la norma inserita nella finanziaria di luglio che stabilì di equiparare il costo dei parlamentari alla media europea avrebbe dovuto prescrivere casomai di equiparare il costo del parlamento nazionale alla media degli altri.

Ad ogni cittadino italiano, il Parlamento costa tre volte di più che in Francia (27,15 euro rispetto a 8,11 euro), quasi sette volte più che in Inghilterra (4,18 euro) e dieci volte più che in Spagna (2,14 euro pro capite). E non è tanto il numero dei parlamentari ad incidere (in Italia poco superiore alle medie europee) ma il costo del Parlamento per deputato. «Più del 40% delle risorse del nostro palazzo sono assorbite dal personale della Camera. Stenografi o commessi – si legge nel documento – che individualmente arrivano, al massimo dell’anzianità, ad avere stipendi superiori ad alcune delle più alte cariche dello Stato». Ed è vero che i nostri parlamentari, a differenza dei tedeschi, devono pagare i propri collaboratori a valere su uno specifico rimborso a forfait, che verrà dimezzato con una delibera dell’ufficio di presidenza di Montecitorio. Tuttavia, mentre il parlamento tedesco (o quello europeo) paga direttamente assistenti parlamentari di qualifica elevata, il parlamento italiano paga, in misura maggiore, un numero assai più alto di commessi. E qui scatta l’accusa del rapporto Vision: «Se è vero che non sono i parlamentari ad intascare la differenza di costo rispetto agli altri parlamenti europei, rimane una domanda ineludibile: come è possibile che i deputati italiani in cinquanta anni hanno consentito che crescesse e si consolidasse il sistema retributivo più assurdo di un Paese che pure ha conosciuto privilegi di tutti i tipi?».

Passando dall’analisi alla proposta, tra le ipotesi su come riuscire a collegare costi della politica e qualità dell’attività legislativa e di governo, eccone una suggestiva: dare valore all’astensione, con una riduzione lineare dell’ammontare dei rimborsi elettorali collegata all’incremento oltre una certa soglia della quota di rinunce al diritto di voto, per stimolare i partiti «a migliorare la propria credibilità.

Uno dei membri del Progetto Vision, Sandro Gozi, per anni di stanza a Bruxelles con Prodi e oggi deputato del Pd, sostiene che «oggi sono i giovani a pagare gli errori del passato perché noi delle nuove generazioni preferiremmo avere due collaboratori in più pagati dalla Camera per preparare i dossier e fare meglio il nostro lavoro». L’accusa è che si sia lasciato lievitare un sistema «non più efficiente di quello di altri parlamenti, lasciando in una zona grigia il pagamento dei collaboratori: che adesso verrà pure rendicontato al 50% per lasciare il resto ai partiti. È ridicolo. Se avessimo avuto una struttura con costi meno elevati e il cosiddetto portaborse pagato dalla Camera, non avremmo avuto l’esplosione dell’antipolitica».

Beh, sono consapevole di aver gettato benzina sul fuoco, ma l’informazione non è sempre rosa e fiori.

Ecco la puntata dove affronto i costi della politica :http://ildonatello.altervista.org/facciamochiarezzacostidellapolitica/

Il solito saluto

ildonatello

Se vi siete persi l’ultima puntata della mia rubrica:

http://ildonatello.altervista.org/facciamochiarezzacoreadelnord/

Fonti : lastampa.it ; repubblica.it