Economia – L’Italia in ripresa, ma la strada è ancora lunga

Buonasera, secondo i recentissimi dati ISTAT (Aprile 2017), l’economia italiana sembrerebbe essere in leggera ripresa : ma la strada è ancora lunga e tortuosa.

Come da titolo, in Italia l’andamento dell’attività economica sembra risultare positivo, in un contesto di aumento della “profittabilità” delle imprese e dall’intensificazione dell’attività di investimento. Questo è il quadro sintetizzato dello studio condotto poco tempo fa dall’ISTAT sull’economia italiana. I consumi delle famiglie sono in moderato aumento, sostenuti da una riduzione consistente della propensione al risparmio. La ripresa dei prezzi si mantiene circoscritta. Migliora la fiducia dei consumatori e delle imprese e l’indicatore anticipatore segnala il proseguimento dell’attuale ritmo di crescita dell’attività economica, segnala l’istituto.

Per quanto riguarda i consumi delle famiglie, nel quarto trimestre 2016, sono aumentati dello 0,5% rispetto al trimestre precedente, in presenza di una diminuzione del reddito disponibile (-0,6%) e del potere di acquisto delle famiglie consumatrici (-0,9%). La crescita dei consumi è stata quindi sostenuta da una netta flessione della propensione al risparmio (un punto percentuale in meno rispetto sul trimestre precedente). A gennaio il volume delle vendite al dettaglio ha registrato un incremento dell’1,1%, determinato da una dinamica positiva sia per i beni alimentari (+1,9%) sia per i beni non alimentari (+0,8%). Tuttavia nella media del trimestre novembre-gennaio il volume è risultato in diminuzione dello 0,2%.

A febbraio il livello dell’occupazione si è mantenuto sui livelli del mese precedente, confermando la pausa del processo di crescita. L’andamento dell’occupazione è la sintesi tra la crescita dei dipendenti a carattere temporaneo (+0,9%), la diminuzione di quelli a tempo indeterminato (-0,1%) e la stazionarietà degli occupati indipendenti. Il tasso di disoccupazione si è contratto (tre decimi di punto), attestandosi all’11,5%. La diminuzione del numero di persone in cerca di occupazione (-2,7%), sottostante la diminuzione del tasso di disoccupazione, si è associata ad una crescita degli inattivi (+0,4%). Le prospettive per l’occupazione rimangono positive. A marzo le aspettative degli imprenditori sulle tendenze dell’occupazione per i successivi tre mesi mostrano un complessivo miglioramento in tutti i settori ad eccezione delle costruzioni. Prosegue la fase di moderazione salariale. A febbraio gli incrementi delle retribuzioni contrattuali pro capite sono risultati limitati (+0,4% rispetto a febbraio 2016).

Relativamente al quadro internazionale, l’Istat indica che prospettive dell’economia statunitense e dell’area euro rimangono positive in presenza di una stabilita’ degli scambi internazionali. Infatti l’aumento dei tassi di mercato, registrati dopo l’insediamento di Trump, hanno favorito l’economia italiana. E l’Italia potrebbe beneficiare in modo positivo del rialzo del costo del denaro, come avvenne nei primi anni dell’era Reagan. Protetti i titoli di Stato italiani dal quantitative easing della Bce, che collocherà i Bot e i Btp a tassi bassi almeno fino alla fine del 2017, l’Italia potrà godere della rivalutazione del dollaro sull’euro. C’è poi la partita degli investimenti nei settori delle infrastrutture e della difesa su cui punta Trump. L’economia americana è vicina alla piena capacità e quindi andrà incontro a una fase in cui dovrà fare affidamento sulle importazioni. L’effetto della svalutazione dell’euro è tre volte più forte in Italia che in Germania. Questo perché la domanda internazionale per le esportazioni dalla Germania, concentrata com’è sui beni strumentali è relativamente impermeabile all’andamento dei prezzi a differenza dell’ export italiano più ‘leggero’ (tessile-abbigliamento, alimentari, arredamento). Un altro vantaggio potrebbe arrivare dalla politica energetica di Trump: il tycoon punta all’autosufficienza energetica e quindi sono probabili nuovi investimenti per la produzione nazionale di petrolio e gas. Questo meccanismo potrebbe portare a una contrazione dei prezzi del petrolio e quindi a un vantaggio per i Paesi dell’eurozona che importano energia. ll cambio tra il dollaro e l’euro registra un andamento al ribasso già dal giorno della vittoria di Trump, con un range compreso tra 1,13 e 1,05. Secondo alcuni analisti, se si raggiungesse la parità euro-dollaro le esportazioni dall’Italia agli Usa crescerebbero tra il 4,8% e il 5,2%: lo stesso bene infatti potrebbe essere venduto sul mercato americano a un prezzo più basso rispetto allo scorso anno. Allo stesso tempo, la parità tra euro e dollaro renderebbe l’Italia un Paese più attrattivo per gli investimenti americani, portando in auge la manifattura e settori come abiti, mobili artigianali e gioielli.

Certo, tutto molto bello, ma qua elencati vi sono dati e ipotesi. Per tornare ai livelli pre-crisi bisognerà aspettare un bel po’..

Infatti in base ai dati della contabilità nazionale pubblicati dal’ISTAT nel settembre 2016 e relativi al PIL reale (concatenato al 2016) e alle previsioni di varie agenzie, dovremmo recuperare gli 8,7 punti percentuali di PIL persi tra il 2007 e il 2013 solo nel 2024, vale a dire fra 7 anni. Nel 2016 l’economia italiana è “precipitata” ai livelli del 2000, ovvero di 16 anni fa. I consumi delle famiglie, invece, che a causa della crisi sono crollati di ben 7,6 punti percentuali, li dovremmo “riconquistare” entro il 2021 e i 28 punti percentuali circa di investimenti bruciati in questi anni non prima del 2032. Preoccupante anche la situazione relativa al mercato del lavoro. Se tra il 2007 e il 2013 il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato, passando dal 6,1 al 12,1 per cento, le previsioni delle dinamiche occupazionali dell’ISTAT stimano che il livello dei senza lavoro (attualmente all’11,5 per cento circa) dovrebbe ritornare al 6 per cento solo nel 2032 (tra ben 15 anni), mentre l’occupazione pre-crisi nel giro di un paio d’anni (2018-2019).

Sebbene le tasse siano destinate a scendere grazie alla riduzione dell’IRES (imposta sul reddito delle società) che interesserà solo le società di capitali e l’occupazione sia destinata ad aumentare in virtù della fiducia ritrovata tra i piccoli imprenditori, la ripresa economica del nostro Paese rimane ancora molto debole e ben al di sotto della media UE. Se nel 2017, come riportano le ultime previsioni economiche elaborate dalla Commissione europea, il nostro PIL dovrebbe attestarsi attorno al 1%. Tra tutti i 28 paesi dell’Unione, solo la Finlandia registrerà quest’anno una crescita più contenuta della nostra.

Le basi per la crescita ci sono, ma manca il resto. Speriamo che la nostra classe politica, torni a discutere temi come creare lavoro, quali politiche industriali sviluppate, come affrontare le sfide che l’economia internazionale ci pone. Abbiamo bisogno di intervenire su questi argomenti per il bene dell’Italia e della società italiana.

il solito saluto

ildonatello

Per approfondire :

http://ildonatello.altervista.org/crisidellavoro/