“Facciamo Chiarezza” – Taglio dei parlamentari e voto, a chi conviene?

Il taglio dei parlamentari è uno dei cavalli di battaglia del Movimento Cinque Stelle, tanto che ancor prima che lo stesso iniziasse a trattare con il PD, Di Maio propose a Matteo Salvini di concludere l’iter legislativo di questa riforma e poi tornare al voto.

Tale proposta, risponde al ben più ampio discorso sul dimezzamento dei costi della politica. Un tema che da più di trent’anni occupa le scrivanie dei vertici dello Stato e che mai è stato affrontato con serietà. Ad esempio, il taglio dei parlamentari è un mantra della politica italiana da almeno trent’anni: precisamente dalla Commissione Bozzi del 1983. Da allora son stati almeno sette i tentativi di tagliare il numero dei parlamentari, inseriti in un contesto più ampio di riassetto costituzionale.

Quello pentastellato rappresenterebbe, dunque, l’ottavo tentativo di tagliare il numero dei parlamentari, ma il primo senza che ciò comporti un ulteriore aggiustamento dell’assetto costituzionale vigente.

La cosiddetta “Legge taglia-poltrone” avrebbe ridotto i seggi della Camera dei Deputati da 630 a 400 e quelli del Senato da 315 a 200. Tale legge parrebbe esser finita al centro della scena politica italiana grazia all’aut-aut di Luigi Di Maio. Il Partito Democratico avrebbe dovuto accettare in toto questa riforma, altrimenti i grillini si sarebbero sfilati dall’accordo di governo.

I democratici, dal canto loro, hanno accettato la proposta grillina a condizione che la stessa venga discussa all’interno di una riforma costituzionale più ampia e che comprenda, ovviamente, una riforma elettorale.

La riforma del Movimento Cinque Stelle poggia la sua ragion sociale anche sul fatto che diminuendo il numero dei parlamentari, si risparmierebbero delle modiche cifre che andrebbero appannaggio delle scuole, della sanità e delle infrastrutture. A quanto ammonterebbe il risparmio?

Secondo l’Osservatorio sui conti pubblici lo Stato risparmierebbe una cifra attorno ai 57 milioni di euro all’anno. Una cifra che, in termini assoluti , parrebbe essere sostanziosa ma modesta dal punto di vista del peso in bilancio. 57 milioni di euro sono lo 0,007% della spesa pubblica, un beneficio economico molto più “leggero” rispetto a quanto è stato comunicato propagandisticamente all’opinione pubblica.

Un altro quesito, invece, fa riferimento ad un eventuale ritorno al voto con il Rosatellum e dopo il taglio dei parlamentari. Quindi, si partirebbe dall’assunto che Luigi Di Maio, invece di intavolare trattative con i dem, abbia accettato la proposta di Matteo Salvini: taglio e voto.

N.B. I dati operati all’interno di questo articolo fanno riferimento ai rilievi sondaggistici dell’istituto YouTrend datati 1 agosto 2019: Lega al 36,8%, M5S al 17,6%, PD al 21,7%, FdI al 6,4 e FI al 7,3%. Con i dati attuali, le differenze in tema di seggi si assottiglierebbero notevolmente. Lo studio è stato eseguito dall’Istituto YouTrend.

Gli scenari post-voto

Assodato che una riforma di questo calibro necessiterebbe di un’adeguata risposta legislativa a livello elettorale, va posto in risalto innanzitutto un effetto distorsivo all’interno del sistema di distribuzione dei seggi del Senato. La ripartizione degli “scranni” all’interno di quest’ultimo avviene, come da Costituzione, su base regionale. Al contrario i seggi di Montecitorio vengono ripartiti su base nazionale.

L’effetto sarebbe quello di aumentare la soglia di sbarramento implicita all’interno delle regioni con meno seggi, avvantaggiando incredibilmente i partiti più votati e minando pericolosamente il principio di rappresentatività.

Poi, per effetto della componente maggioritaria del Rosatellum, gli scenari possibli rimangono comunque tre e differiscono in base alla scelta politica della Lega di correre da sola, all’interno del centrodestra o in una coalizione sovranista assieme a Giorgia Meloni.

1. Il centrodestra unito

Se Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi decidessero di correre assieme, il risultato sarebbe una schiacciante vittoria del centrodestra. Questo otterrebbe circa 260 seggi, un numero enormemente superiore, che gli permetterebbe di governare senza nessun intoppo. Sfumerebbe l’ipotesi di una maggioranza dei due terzi, la quale permetterebbe di varare riforme costituzionali senza la possibilità di indire un referendum, poiché per la stessa son richiesti 267 seggi alla Camera e 134 al Senato.

M5S e PD otterrebbero rispettivamente 51 e 79 seggi, in totale 130 seggi. Un numero esiguo, ben lontano dal rappresentare un problema per il centrodestra unito.

Tuttavia, è proprio sulla composizione del Senato che c’è maggiore incertezza: l’innalzamento della soglia implicita potrebbe premiare la Lega a discapito delle altre due forze della stessa coalizione. Comunque sia il centrodestra conterebbe su una forza di 129 senatori contro i 39 del centrosinistra e i 26 del M5S.

Uno scenario ampiamente prevedibile nelle scorse settimane ma che nelle ultime si è fortemente affievolito a causa della reticenza di Forza Italia di scendere in piazza il giorno della fiducia alla Camera. Inoltre le controverse dichiarazioni di Berlusconi nei confronti di Matteo Salvini e dell’attuale esecutivo e i tweet al veleno di alcuni eminenti esponenti della formazione di centrodestra potrebbero complicare ulteriormente la situazione.

2. Lega da sola

Correndo da sola la Lega riuscirebbe a conquistare la maggioranza relativa dei seggi all’interno del Parlamento, non potendo dare vita, però, ad un esecutivo in solitaria. La Lega, con 184 seggi, per entrare a Palazzo Chigi dovrebbe scendere a compromessi con un’altra forza politica. Fratelli d’Italia e Forza Italia, in questo frangente, avrebbero conquistato rispettivamente 17 e 20 seggi. La componente maggioritaria penalizzerebbe molto le forze mediamente rappresentate e poco omogenee territorialmente in favore degli unici partiti più equamente distribuiti: Lega e M5S. Infatti, i grillini vanterebbero una conquista di 74 seggi, i dem di 95.

Al Senato ciò sarebbe evidente con una Lega in possesso di 87 seggi e il resto del centrodestra con appena 20 senatori (12 FI e 8 FdI). Il Movimento Cinque Stelle e il PD, invece, conterebbero rispettivamente 41 e 46 senatori. In questo caso né Forza Italia, né tantomeno Fratelli d’Italia potrebbero essere gli alleati ideali per condurre la battaglia sovranista all’interno del Parlamento, a causa della disomogeneità della rappresentanza territoriale che ha penalizzato di molto i due partiti.

3. Lega e Fratelli d’Italia

Quest’ultimo sarebbe lo scenario più verosimile. La coalizione sovranista frutterebbe 222 seggi alla Camera e 110 al Senato; una maggioranza relativamente tranquilla che non avrebbe problemi di sorta con l’opposizione di PD e M5S. La maggioranza qualificata sarebbe ancora un miraggio ma appare evidente che il taglio dei parlamentari, con il Rosatellum, premierebbe di gran lunga le forze sovraniste.

Il Movimento Cinque Stelle si fermerebbe a 64 scranni alla Camera e 32 al Senato, il PD a 85 deputati e 40 senatori. Infine Forza Italia, esclusa da questa alleanza ma che comunque potrebbe fare accordi all’interno dello stesso Parlamento ad elezioni concluse, apporterebbe alla maggioranza 19 deputati e 12 senatori.

E se si votasse senza il taglio dei parlamentari?

Se si votasse con il Rosatellum, senza il taglio dei parlamentari, quali sarebbero i risultati? Chi verrebbe premiato? Cambierebbero le possibili maggioranze? Innanzitutto l’attuale legge elettorale, come si sa, ripartirebbe il 61% dei seggi con meccanismo proporzionale e il 37% con sistema maggioritario. Il restante 2% corrisponderebbe ai seggi all’estero, assegnati con il proporzionale.

In questo frangente il centrodestra unito otterrebbe una maggioranza schiacciante di 416 seggi. Il 2/3 dei seggi totali sarebbe nelle mani dei sovranisti, più FI, che godrebbero della maggioranza qualificata per modificare la Costituzione senza passare per il referendum. Al Senato, il centrodestra godrebbe di 210 seggi.

L’opposizione giallo-rossa, dal canto suo conterebbe 200 seggi (119 PD e 81 M5S) alla Camera e 97 al Senato (57 PD, 40 M5S).

Da sola la Lega godrebbe della maggioranza relativa, ma non potrebbe governare da sola. Con 283 seggi Salvini avrebbe bisogno dell’appoggio degli altri 62 deputati del centrodestra per contrastare i giallo-rossi fermi comunque a 271 seggi (118 M5S e 153 PD) Al Senato, Salvini godrebbe di 143 seggi, a cui, per un governo, si dovrebbero aggiungere i 31 del centrodestra. Grillini e democratici, vanterebbero invece, rispettivamente, 60 e 73 senatori.

Lo stesso scenario descritto con il taglio dei parlamentari, efficacia compresa, è quello della coalizione “sovranista” tra la Lega e Fratelli d’Italia. 353 seggi alla Camera e 181 al Senato. Una maggioranza tranquilla, non dei due terzi ma ugualmente utile per dar vita ad un esecutivo a tinte populiste. L’opposizione sarebbe formata da M5S, PD e FI con 263 seggi alla Camera (131 PD, 102 M5S e 30 FI) e 126 al Senato (61 PD, 50 M5S e 15 FI).

Comunque sia, alla fine della fiera, se si dovesse tornare a votare, con o senza il taglio dei parlamentari, appare difficile ipotizzare uno scenario governativo senza la Lega di Salvini. Un pò come è stato con il Movimento Cinque Stelle il 4 Marzo, lo scenario che si prospetterebbe con un ritorno al voto in queste circostanze sarebbe un Parlamento che, escludendo l’impossibile alleanza PD-Lega, dovrebbe scegliere se concedersi ad un’alleanza sovranista, una volta superate tutte le divergenze politiche esistenti tra i suoi leader, o una riproposizione in chiave “moderna” dell’esecutivo giallo-verde.

ildonatello

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