Elezioni Politiche 2018 – Quanto conviene tornare al voto?

Buongiorno a tutti, è con profonda delusione che vi scrivo questo articolo. Poiché nutrivo la profonda speranza che il mio prossimo lavoro avrebbe riguardato un’eventuale nuovo Governo, non importa di che colore. Invece, siamo ancora qui con una crisi lacerante, una crescita stagnante e senza qualcuno che possa prendere in mano le redini di questo Paese e trascinarlo fuori da questa situazione.

Quindi, quale potrebbe essere la soluzione migliore? Se i nostri adorati politici, un po’ schizzinosi, arroganti e presuntuosi, non sono capaci di trovare un comune accordo per garantire la formazione di un nuovo Governo, cosa fare?

A questo punto converrebbe tornare alle urne e sperare in risultato che non sia questo.

Ecco, in questo articolo analizzerò la possibilità di tornare alle elezioni. E’ una possibilità?

Innanzitutto, la nostra analisi dovrebbe partire dalle “mani” di colui che in questo periodo è l’uomo più “stressato” d’Italia: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Mattarella ha più volte indetto delle consultazioni, convocando al Quirinale tutte le principali fazioni politiche e sondando il terreno attraverso mandati esplorativi ai Presidenti di Camera e Senato, ma tutto ciò si è tradotto in un nulla di fatto. Quindi la soluzione più logica sarebbe quella di sciogliere le Camere ed indire nuove elezioni. Questa è una delle opzioni che Mattarella potrebbe vagliare. Ma a quanto pare, il Capo dello Stato, non sembra essere convinto di questa soluzione, poiché non garantirebbe uno scenario diverso da questo. Il suo timore è giustificato? 

Le Elezioni Politiche 2018, di cui ho analizzato i risultati in un articolo precedente di cui vi lascerò il link in basso, ci hanno consegnato il centrodestra come coalizione vincente con il 37% dei voti validi. Al secondo posto si è posizionato il Movimento Cinque Stelle, in solitaria. Al più basso gradino di questo ipotetico podio troviamo il centrosinistra responsabile di una debacle che non si verificava da vent’anni, con il 22,9%.

Nell’ambito parlamentare e nella trasformazione di questi voti in seggi alla Camera la situazione si è tradotta i 262 seggi per i vincitori, 226 per i secondi arrivati e 116 per il centrosinistra. Tenendo conto che questo sistema elettorale ha due diversi metodi di assegnazione dei seggi, dati dalla diversa divisione del territorio nazionale in collegi uninominali (un solo seggio in palio con metodo first past the post) e plurinominali (più seggi in palio assegnati con il metodo proporzionale). Beh, alla fine della fiera il centrodestra, ha ottenuto 111 seggi nell’uninominale e 151 nel proporzionale, i grillini invece 93 seggi nell’uninominale e 133 nel proporzionale. La sinistra, invece, è stata totalmente sopraffatta nell’uninominale, 28, e se la cava leggermente meglio nel proporzionale, ottenendo 88 seggi. Ai voti del centrosinistra, però, vanno aggiunti i 14 seggi di Liberi e Uguali e i seggi della circoscrizione estero, dopo 10 giorni di “estenuanti” conteggi: 5 al PD, 3 al Centrodestra e uno ai 5 Stelle.

Dal 4 Marzo, è passato più di un mese e sicuramente i rapporti di forza tra i partiti sono cambiati, chi ha aumentato i propri consensi?

Gli unici partiti ad aumentare le proprie preferenze sono il M5S e la Lega. I primi responsabili di una crescita contenuta ma comunque significativa, 34,1% (+1,4%) che li pone saldamente come primo partito italiano. Mentre la Lega fa registrare un risultato strabiliante: dal 4 Marzo ha subito una crescita del 3,4%, arrivando addirittura al 20,8%. Risultato impensabile fino a 5 anni fa, quando questo partito raccoglieva le briciole di Forza Italia. Questo risultato garantisce alla coalizione di centrodestra di avvicinarsi al 40%.

Il Partito Democratico riesce invece a contenere le perdite, non crollando e mantenendosi attorno al 17,6% (1 punto percentuale in meno rispetto al 4 Marzo) , ma subendo lo stesso un sorpasso da parte della Lega in termini di voto alle liste. Liberi e Uguali invece subisce una caduta “libera” –  scusate il gioco di parole – e scende sotto la soglia di sbarramento del 3%, attestandosi al 2,8% quindi fuori dal Parlamento.

Questi sondaggi confermerebbero i risultati di due mesi fa. In sostanza cambierebbero poco o nulla dell’attuale situazione!

Siamo di fronte ad uno stallo, signori!

Se si tornasse a votare e si ottenessero questi risultati, la situazione politica italiana non cambierebbe di una virgola. Se invece “scegliessimo” di aspettare un eventuale accordo tra le varie parti politiche all’interno del Parlamento, possiamo metterci comodi e attendere con ansia la prossima era geologica. Ma quest’ultima parrebbe l’unica soluzione possibile al momento.

Parlando seriamente e lasciando da parte la goliardia di chi è molto deluso dal parlamentarismo, soprattutto italiano, tornare a votare non sembrerebbe l’idea migliore. In barba alle richieste pentastellate di tornare al voto a giugno, le differenze sono troppo minime per garantire una maggioranza di Governo stabile e idonea a poter condurre il Paese..

Non vi fidate delle mie parole? Allora attraverso un semplice calcolo possiamo simulare le eventuali elezioni “della verità” e distribuire i seggi all’interno della Camera dei Deputati.

Prendendo i sondaggi suddetti e proiettandoli nel Parlamento avremmo: 277 deputati per il centrodestra (+15), 237 per il Movimento Cinque Stelle (+11) e 104 deputati per il centrosinistra (-12). n.b. il calcolo è stato effettuato in base ai collegi uninominali.

Su questi risultati influisce la mancanza di Liberi e Uguali, fuori dal Parlamento a causa del non superamento della soglia di sbarramento. Quindi i suoi 14 seggi verrebbero redistribuiti tra gli altri partiti.

Come si redistribuirebbero le differenze sul territorio? Non credo sia la domanda giusta da fare.

A parer mio la question da sottolineare bene bene con l’evidenziatore è la seguente: “Come una magra differenza potrebbe condizionare la distribuzione dei voti/seggi sul territorio?”. Ripercorriamo il quadro geopolitico del periodo post-elettorale:

La Destra ha conquistato 79 seggi su 91 al Nord, 19 su 40 nelle regioni rosse (ormai ex) e 13 seggi su 101 al Sud. Il Movimento Cinque Stelle, invece, ha ottenuto 4 seggi al Nord, 5 nella Zona Rossa, e 84 nel Sud Italia. Il centrosinistra, infine ha ottenuto 8 collegi a Nord, 16 nella Zona Rossa e 4 al Sud.

Come cambierebbe la distribuzione territoriale dei seggi?

Beh soltanto 7 seggi su 232 (scarso il 3%) verrebbero redistribuiti a nuovi vincitori. Nessuno di questi riguarderebbe il Sud, dove il Movimento Cinque Stelle è troppo forte per soccombere.

Sono invece 2 i collegi del Nord che passerebbero dal centrosinistra al centrodestra. Nelle regioni rosse invece i primi perderebbero ancora una volta terreno in favore dei secondi e del M5S (4 seggi andrebbero alla destra e 1 al Movimento).

Qual è la conclusione a cui approderemmo dopo tutto questo ambaradam? Non esiste una maggioranza possibile per formare un Governo, con o senza elezioni. Per buona pace di Salvini, Berlusconi, Meloni e compagnia cantante, di Di Maio e di tutta la Casaleggio Company nessuna forza singola o coalizzata riuscirebbe da sola ad arrivare ai 316 seggi necessari per avere una maggioranza e governabile. Ed è oltremodo sciocco pensare di poterla raggiungere attraverso i seggi esteri.

Per questo, qualora le consultazioni falliscano ( e a quanto pare potrebbero, vista la poca volontà da parte del PD di entrare in simbiosi con il Movimento e il pendolare moto schopenhaueriano di quest’ultimo tra sinistra e destra – la vita è come un pendolo che oscilla tra Martina e Salvini -), tornare alle urne sarebbe soltanto possibile attraverso un ritocco al sistema elettorale.

Mi vanto (e non sono l’unico), senza troppi fronzoli, di aver sostenuto mesi fa una tesi secondo cui l’unico modo possibile per l’Italia di uscire da una crisi politica rappresentativa è quello di adottare un premio di maggioranza blindato da assegnare al vincitore, previo il raggiungimento di una quota prefissata di voti.  Ovviamente non è una soluzione semplice, poiché la Corte Costituzionale ha più volte osteggiato l’assunzione di una tale miracolosa soluzione, vedasi le sentenze 1/2014 e 35/2017 relative al Porcellum (adottante un premio di maggioranza senza quota prefissata di voti da raggiungere) e all’Italicum renziano (rimozione del ballottaggio tra i due candidati più votati per l’assegnazione di 340 seggi). Quindi la Consulta, rifacendosi ai principi di uguaglianza del voto e della rappresentanza democratica, osteggerebbe l’unica soluzione possibile

Senza pensare poi ad una soluzione “adattabile” anche al Senato, secondo molti inutile per due motivi: per la sua elezione su base regionale, che “cozzerebbe” con quella nazionale della Camera, soprattutto per l’assegnazione di un’eventuale premio di maggioranza e per l’inutilità di una seconda Camera in tempi contemporanei perché rallenterebbe i processi decisionali in un’epoca che basa tutto sull’immediatezza delle decisioni da prendere

Lo stallo, in mancanza di soluzioni, diventerebbe una strada senza uscita, senza nessuna via di fuga.

Perché ad oggi, i numeri alla Camera, anche con elezioni adottanti l’attuale Legge Rosato, non produrrebbero una prospettiva molto diversa da quella del 4 Marzo. Quindi dei numeri molto lontani dall’invogliare il Presidente della Repubblica Mattarella a sciogliere le Camere ed indire nuove elezioni.

Paradossalmente la nostra speranza è nelle mani di quei politici che all’inizio definii un po’ schizzinosi, arroganti e presuntuosi, in sostanza incapaci di trovare un accordo.

“Non è meraviglioso?” cit.

Il solito affettuoso saluto

ildonatello

Qui puoi trovare la mia analisi completa sulle Elezioni Politiche 2018:

http://ildonatello.altervista.org/category/elezioni-politiche-2018/

 

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