Il successo del Movimento Cinque Stelle: analisi di un trionfo

Un caloroso saluto a tutti i miei lettori, quest’ultima analisi, rimandata continuamente per motivi universitari, riguarda ovviamente i vincitori morali di queste elezioni: il Movimento Cinque Stelle.

Il “movimento“, diventato “partito” nel 2013 quando fece l’ingresso nel Parlamento per la prima volta, è la prima formazione politica nella storia della Seconda Repubblica a bissare e addirittura aumentare il numero dei consensi alla seconda apparizione a delle elezioni nazionali.

E a questo si deve aggiungere un altro record che forse i molti non sanno: il Movimento è il primo partito anti-sistema d’Europa, quello che ha fatto meglio negli ultimi 24 mesi. Meglio degli Olandesi di Wilders e di Podemos, in Spagna. Anche se sul concetto “Cinque Stelle = Anti-sistema” ci sarebbe da discutere, soprattutto ora in tempi di alleanze governative e opposizione.

Ma passiamo all’analisi di questo voto…

Iniziamo con i numeri: il M5S aumenta i propri consensi del 7,2% di voti validi rispetto all’esordio avvenuto 5 anni fa. Cosa significa? In poche parole si passa dagli 8 milioni di voti del 2013 ai 10,7 milioni del 2018, un aumento del 20% in termini di voti assoluti. Un trionfo.

grillini nonostante le critiche degli scettici, sono gli unici ad avere un consenso nazionale, da Nord a Sud. Il risultato ottenuto è stato impressionante sotto ogni punto di vista, dopo il boom del 2013, il partito guidato da Di Maio oggi non scende sotto il 20% in nessuna regione italiana. Però questo risultato non è omogeneo: nonostante abbia consolidato la propria presenza al Nord, in queste elezioni il partito pentastellato ha ottenuto una leggera flessione nelle regioni del centro-nord (rispetto al 2013), a favore della Lega. Mentre al Sud, come la Dc molti anni fa, il Movimento ha mietuto circa la metà dei propri consensi.

Come dicevo, nel Meridione il partito “giallo” si conferma dopo le Elezioni Europee del 2014 come forza egemone, mentre al Nord viene sconfitto dalla Lega, addirittura senza l’appoggio di FI e FdI in Lombardia, Veneto, Friuli e Trentino. Anche nel Piemonte e nella Liguria, dove il Movimento andava forte nel 2013, si nota una leggera flessione a favore dei partiti di destra. Ma non c’è problema, poiché i grillini possono fregiarsi di aver “sfondato” nelle regioni rosse, a discapito del PD.

Prima di analizzare la meridionalizzazione del Movimento, cerchiamo di tracciare delle linee generali su a chi questo partito ha strappato i voti.

Secondo un recente sondaggio, circa il 14% degli ex elettori del PD ha dichiarato che tra il 2013 e il 2018 ha cambiato le proprie intenzioni di voto a favore dei pentastellati. Un dato rilevante se si considera il magro risultato ottenuto dal Partito Democratico. Bene questo al Nord, poiché al Sud, il M5S è riuscito a prendere voti ovunque, a destra e sinistra, dimostrandosi un partito catch all (pigliatutto) alla brasiliana. Interessante è il fatto che gli elettori che votarono FI nel 2013, hanno virato sul Movimento, e in misura minore sulla Lega.

Ma passiamo a qualcosa di davvero interessante, perché gli elettori meridionali hanno votato in massa il Movimento Cinque Stelle?

Partiamo da un dato: il Movimento Cinque Stelle all’interno di città in cui la competizione è stata elevata, soprattutto al Nord, ha sempre perso, o meglio, ha guadagnato pochi voti rispetto ai suoi concorrenti. All’interno di città importanti come Brescia e Parma, dove la concorrenza è “a tre” (PD, M5S e Lega), il saldo per i grillini è negativo: ad esempio, a Brescia a fronte di un 4,9% di elettori “volatili” provenienti da PD, ne ha ceduti il 4,7% rispetto alla Lega. A Parma addirittura il Movimento guadagna 1,7% dal PD e ne cede 5,5% alla Lega (dati provenienti dall’Istituto Cattaneo).

Mentre nelle città del Sud, ha staccato i propri avversari di molto, distruggendo la concorrenza, anzi umiliandola. Infatti Napoli, Bari, Palermo e Reggio Calaria “parlano grillino”.

La risposta più logica alla mia domanda precedente, e attenti a considerarla provocatoria, è la seguente: “Perché non c’è stata concorrenza“. Quindi il Movimento ha avuto a disposizione un bacino elettorale enorme e ha potuto “mangiare da tutti i piatti”, sia da destra che da sinistra.

Infatti, i flussi elettorali al Sud sono diversi: si registrano voti in uscita dal PD e dalle altre forze in campo, molto deboli e meno affermate, verso il Movimento. Inoltre una pratica che è emersa nelle regioni meridionali è quella in cui in alcune elezioni comunali, in mancanza di un candidato del Movimento i voti dei grillini sono diretti tutti verso il candidato opposto a quello di centrosinistra, come a voler punire il malgoverno del PD sia a livello comunale che nazionale. Migliore è la situazione in cui a vincere sia stato proprio un pentastellato, a discapito di un “piddino“.

Se invece dei numeri volessimo far riferimento alle strategia messe in campo dal Movimento Cinque Stelle la situazione è evidente. Hanno influito molto due fattori: disagio e esclusione sociale. Al Sud, ormai terra dove la vecchia classe dirigente ha “sfruttato” tutto quello che poteva, il disagio di questa situazione stagnante è riuscita a insidiarsi all’interno delle urne, regalando un grande successo al Movimento che necessariamente deve mantenere le sue promesse. Inoltre la grande campagna di contrasto alla povertà, a suon di reddito di cittadinanza e aumento delle pensioni minime, ha riempito i cuori dei disoccupati e dei poveri del Meridione e ha spinto il loro voto nella direzione di questo piccolo “Movimento” diventato ormai grande e vaccinato.

Ma c’è un ma

Questo cambio di strategia del Movimento Cinque Stelle (voi l’avete notato, si?), toni più moderati, dietrofront di Grillo nel condurre la campagna elettorale, investitura “democratizzante” di di Maio e toni più istituzionali, ha sicuramente attirato gli elettori meno radicali, come quelli di centrosinistra ma ha fatto storcere il naso ai fedelissimi più intransigenti e più anti-establishment che hanno virato versa una soluzione più aggressiva e più credibile (per loro) di di Maio: Salvini.

Sembrerebbe che la natura stessa del Movimento e dei suoi elettori, identificata con la definizione di “voto di protesta“, stia vivendo un profondo stato di cambiamento dettato dall’istituzionalizzazione dei toni e dei programmi. In particolare la sfida al consolidamento del proprio bacino elettorale, arrivato a 10 milioni di elettori, dipenderà sempre più da scelte di carattere istituzionale ma soprattutto propositivo, visto il carico di responsabilità assunto con queste elezioni, e in definitiva ciò può diventare per il Movimento un elemento di profonda incertezza elettorale.

Con la speranza, mai morente, che chiunque salga sulla sedia più alta del Consiglio dei Ministri possa fare il bene dell’Italia e degli Italiani (scritto volutamente con la lettera maiuscola).

ildonatello

La mia analisi completa sulle Elezioni Politiche 2018 qui:

http://ildonatello.altervista.org/category/elezioni-politiche-2018/

 

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