I Problemi dell’Italia (Rubrica Breve) – La Lenta Crescita

Buongiorno a tutti, come da titolo oggi aprirò una breve rubrica in cui affronterò i principali problemi dell’Italia, i quali impediscono uno sviluppo costante e ai livelli degli altri Stati Europei.

PUNTATA NUMERO 1 – LA LENTA CRESCITA

L’ideale sarebbe partire dal fatto che il Belpaese è sempre stato un Paese a lenta crescita, o addirittura a costante decrescita. Quindi è sempre stato un passo indietro rispetto alle altre potenze europee, escludendo gli anni del boom economico ovviamente, dove un misto di circostante favorevoli ci portarono ad essere per qualche anno la potenza di riferimento in Europa e tra le prime del mondo.

Perché l’Italia cresce poco? Bella domanda a cui molti hanno cercato di dare una risposta, facendo addirittura riferimento a problemi preunitari e postunitari arrivando a criticare fortemente anche le scelte economico/sociali della Seconda Repubblica.

Infatti, uno dei tanti che si è posto questa domanda è stato l’economista e professore di politica economica alla LUISS Alfredo Macchiati. Nel Novembre scorso egli pubblicò un libro in cui affrontò questo problema ponendosi la nostra stessa domanda : “Perché l’Italia cresce poco?”

Seguendo accurati studi, servizi e sondaggi vari arrivò alla conclusione che i principali fautori della lenta crescita del nostro Paese sono imputabili alle nostre istituzioni.

Ovviamente non voglio entrare nel merito politico della vicenda, essendo il Macchiati uno dei principali sostenitori del si (Referendum del 4 Dicembre ndr) Io mi trovo solo d’accordo nel definire le istituzioni “scadenti” come uno dei principali problemi del Paese.

Senza prendere la faccenda da troppo lontano, dai problemi preunitari che tutti sappiamo, disuguaglianze sociali ed economiche tra nord e sud (di cui parleremo in un’altra puntata) e altri problemi di quest’ordine, analizziamo come le istituzioni influiscano in modo negativo sulla nostra crescita.

Il nostro discorso inizia con i grandi cambiamenti che si son avuti negli anni ’90, a livello tecnologico e commericale ma soprattutto a livello di politica internazionale. Grandi cambiamenti come quello monetario avvenuto in Europa, con l’introduzione dell’Euro ha posto nuovi scenari nella politica econimica del Paese, trovandoci impreparati. O meglio trovando impreparate le nostre istituzioni e trovando una struttura politica/economica del tutto inadeguata ad affrontare tale cambiamento. Le nostre istituzioni non hanno saputo reagire adeguatamente e questo spiega l’arresto dello sviluppo e poi la crisi che ha colpito in maniera molto più profonda l’Italia rispetto ad altri paesi a noi vicini.

La nostra classe politica e il nostro frammentato sistema multipartitico hanno fortemente ostacolato la crescita a causa dei dissidi provocati da riforme che andavano a colpire alcuni gruppi sociali di cui gli stessi facevano parte. Dunque la forte opposizione politica è alla base del mancato adeguamento del nostro Paese alle necessità “di sistema”. La Seconda Repubblica ha cercato in qualche modo di ovviare a queste forti opposizioni ma i risultati son stati scadenti, anche a causa della velocità con cui i governi cadevano e venivano eletti in quel periodo. Ma questa opposizione certe volte era infondata poiché era una presa di posizione pregiudiziale e conflittuale all’interno delle stesse coalzioni vincitrici delle elezioni. Il risultato è stato che durante il “ventennio” (e non mi riferisco a quello più famoso) non sono stati risolti ne’ i problemi ereditati dal passato, ne’ quelli nel frattempo sopraggiunti. È questo spiega la stagnazione di gran parte di quel periodo e poi la forte crisi che dal 2008 ci ha particolarmente penalizzato.

Quindi, è assolutamente falsa l’equazione governi deboli = economia forte. Ma a sfatare questo mito c’è un ampia letteratura che dimostra come la crescita necessiti di governi forti e capaci di dare un preciso indirizzo alla società, in tutti gli ambiti dalla Giustizia alla Sicurezza, stimolando l’educazione e investendo nell’innovazione. Dunque, la cattiva qualità delle istituzioni non facilita il cambiamento, anzi finisce per essere succube delle spinte di coloro che lavorano per arroccare gli interessi comuni, senza controllo e senza il benché minimo sussulto da parte di coloro che dovrebbero salvaguardare gli stessi.(in questi giorni abbiamo assistito a qualcosa del genere).

Quindi gli italiani fanno bene ad essere nostalgici? “Era meglio quando c’era la lira ; è meglio tornare indietro ecc..”

Non proprio. Solo il cambiamento ed un governo autorevole che abbia una prospettiva di durare l’intera legislatura, può darci la possibilità di arginare le corporazioni. E non solo, deve anche non trovare davanti un’opposizione pregiudiziale, ma collaborativa. Lavorare per gli interessi del cittadino. Praticamente la naturale definizione di politica.

Ma comunque sarà una strada lunga.

Bisognerebbe innanzitutto riformare l’istruzione e il settore pubblico in toto. Saranno riforme che daranno i propri frutti tra qualche anno, ma qualsiasi cosa che richieda efficienza richiede anche tempo. Biosgna far molto anche per le imprese e per i risparmiatori, politiche fiscali studiate a livello europeo per alleggerire il peso dell’economia sulle imprese e bisogna far qualcosa per il debito pubblico. Inoltre c’è bisogno di salvaguardare i risparmiatori, non con provvedimenti penalizzanti ma con vere e proprie operazioni finanziare che potrebbero allegerire il nostro fardello.

Il messaggio è chiaro, serve più coesione a livello politico, serve più chiarezza nelle riforme. Una collaborazione per il bene dell’Italia e dei suoi cittadini. Tutto questo mentre riceviamo la maglia nera a livello europeo per la crescita (0,9 nel 2017 e 1,1 nel 2018 – FONTE ANSA), una modesta crescita imputabile all’incertezza politica e a delle riforme inadeguate.

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Alla prossima puntata!

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