Intrighi, veleni e poltrone: la crisi della magistratura italiana

Il recente scandalo che vede coinvolto, ancora una volta, il magistrato romano Luca Palamara ha aperto l’ennesima voragine all’interno di una categoria, quella della magistratura, già falcidiata e compromessa dal misfatto dello scorso anno, quello di Luca Lotti per intenderci.

I giornali italiani si sono riempiti di indiscrezioni, intercettazioni e interviste atte a documentare l’ennesimo buco dell’acqua della giustizia italiana, un settore perlopiù poco trattato o addirittura posto in secondo piano dalla stessa opinione pubblica, troppo preoccupata a criticare le magagne di un altro potere, quello esecutivo.

Non è la prima volta, come anticipato, che il magistrato romano finisce sui quotidiani. Luca Palamara è già coinvolto in un’inchiesta della procura di Perugia, accusato di corruzione poiché avrebbe messo le sue funzioni al servizio di Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di un imprenditore, in cambio di regalie varie, viaggi compresi. Alcune accuse, come quella per corruzione in atti giudiziari, sono decadute.

Negli ultimi giorni il suo nome è comparso su un’altra inchiesta, relativa al contenuto di diverse intercettazioni e chat presenti sul suo telefono che riguardano diversi politici e soprattutto altri magistrati. I contenuti non sono penalmente rilevanti ma con la loro divulgazione si è aperta una voragine relativa alla “questione morale” interna alla giustizia, senza considerare le conseguenze disciplinari all’interno del Consiglio Superiore della Magistratura. Ultima ma non meno importante magagna è quella che riguarda i risvolti politici della questione.

Uno scandalo di questa portata, con tutte le sue implicazioni ha posto un grande punto interrogativo sull’integrità di alcuni esponenti di spicco del potere giudiziario e soprattutto non deve essere bollato come un caso patologico circoscritto commesso da un recidivo. Un evento del genere rappresenta solo la punta dell’iceberg di una categoria, quella dei magistrati, falcidiata dagli stessi intrighi, veleni e giochi di palazzo che attanagliano la politica italiana da decenni.

Appare utile, a questo punto, cercare di delineare un quadro ben preciso di questo caso, collegandolo al ben più ampio sceneggiato riguardante lo stato di agonia del potere giudiziario in Italia.

Il caso di Palamara, uno “specchietto per le allodole”

Il magistrato più massacrato del momento è sicuramente lui, Luca Palamara. Più passano i giorni e più i suoi detrattori danno l’impressione di essere stizziti per il caso di questo magistrato, considerato come l’unico vero responsabile della predita di credibilità della categoria.

Si tratta del classico specchietto per le allodole o, se preferite, dell’ennesimo capro espiatorio di una categoria che inserita in un contesto più esteso, il declino delle istituzioni italiane, pare compromessa a pari merito assieme alle altre.

In alcuni casi, la responsabilità della perdita di credibilità di un magistrato viene circoscritta all’aver frequentato Palamara, in altri casi all’appartenenza a una corrente al posto di un’altra. Nessuno che vuole prendersi la responsabilità di ammettere ciò che ormai è evidente: il potere giudiziario in Italia sta vivendo una grossa, sfiancante e inevitabile crisi.

Resta da dire, purtroppo, che il caos che si è scatenato all’interno del Consiglio Superiore della Magistratura, nel 2019, è la punta dell’iceberg di un problema più grande. La conferma arriva dall’ennesimo coinvolgimento dello stesso magistrato, dei suoi colleghi e addirittura di alcuni giornalisti in questo toto-intercettazioni che ha catturato le prime pagine dei quotidiani qualche dì addietro.

I magistrati italiani farebbero bene a porsi due domande su ciò che considerano lecito o illecito e a non catalogare qualche “mela marcia” come l’unico e solo problema della categoria. Un magistrato perde di credibilità quando contratta favori con un imprenditore, quando sovrappone codice morale e codice penale, quando trasforma le indagini in uno strumento per difendere una ideologia e non la legge oppure quando la mette al servizio di una parte politica. Ancora, un magistrato perde di credibilità quando si reca in un talk show e non in un’aula di tribunale a fare le sue arringhe, oppure quando lo stesso telefona un giornalista in diretta e muove accuse senza fondamenti e sulla base di “sentito dire“. Un magistrato perde di credibilità quando offre intercettazioni da verificare a dei cronisti solo per dare risalto mediatico alla propria inchiesta. Infine, un magistrato perde di credibilità quando fa politica contro altri magistrati.

Un magistrato, esercita le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio, rispetta la dignità della persona nell’esercizio delle funzioni, e anche al di fuori delle stesse, non deve tenere comportamenti che alterino la credibilità personale, il prestigio e il decoro del ruolo ricoperto e dell’intera categoria. Sarebbe bello e confortante dire che il problema della giustizia sia solo legato al caos procure o a delle intercettazioni. Purtroppo non è così e fino a quando la magistratura non prenderà consapevolezza di ciò che la indebolisce, denunciando i veri problemi, radicati e strutturati, non ci sarà la possibilità di rafforzare un potere, quello giudiziario, che rappresenta la spina dorsale della democrazia.

Lo scandalo del 2019 e Matteo Salvini

Lo scandalo del CSM dell’anno scorso aveva provocato conseguenze dirompenti: alcuni importanti magistrati indagati, sei consiglieri del Consiglio costretti alle dimissioni e sottoposti a procedimenti disciplinari, Palamara sospeso e privato dello stipendio, le correnti moderate Magistratura indipendente e Unicost tramortite dalla questione morale con annessa evocazione dello scandalo della P2. Un disastro di proporzioni gigantesche e che farebbe sfigurare quello recente.

Nello specifico, il magistrato di Roma fu accusato di aver accettato regalie da imprenditori e soprattutto di aver avuto rapporti e conversazioni con deputati del Partito Democratico come Cosimo Ferri, Luca Lotti, imputato di favoreggiamento nel caso Consip, e altri esponenti di spicco della politica nazionale.

Oggi, invece, alcuni giornali hanno ottenuto e pubblicato sia parti di chat conservate sul telefono di Palamara, risalenti allo scandalo precedente, sia pezzi di intercettazioni acquisiti dall’inchiesta che hanno portato ad aggiungere dettagli a varia storia già note che coinvolgono politici e altri magistrati e che riguardano alleanze, nomine e rapporti tra politica e magistratura.

Questa seconda fase sta avendo delle conseguenze importanti. Oltre al già dibattuto caso di Alfonso Bonafede e Nino Di Matteo, il quale riguarda la mancata nomina del secondo al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ci sono anche intercettazioni che riguardano altri tre consiglieri del Consiglio Superiore della Magistratura, tra cui David Ermini, vicepresidente dell’organo.

Le ultime pubblicazioni sui giornali delle intercettazioni di Palamara, riguardano l’ex Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona nel caso dei migranti soccorsi dalla nave militareGregoretti” nell’agosto del 2019. Alcuni quotidiani, tra cui La Verità, hanno pubblicato i contenuti di alcune chat risalenti al 2018 in cui alcuni magistrati parlavano del leader della Lega. Quella più citata vede coinvolti Paolo Auriemma, procuratore capo di Viterbo, e il già citato magistrato romano. Secondo tale intercettazione il primo avrebbe dato ragione a Salvini circa la sua politica migratoria, quella dei “porti chiusi”, il secondo, invece, avrebbe sostenuto la necessità di “attaccare Matteo Salvini”.

Dopo la pubblicazione dello scambio di battute, l’ex Ministro ha scritto una lettera a Mattarella, appellandosi al ruolo istituzionale ricoperto dal PdR, e cioè quello di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Salvini avrebbe chiesto al Presidente di sciogliere il Consiglio. Una prerogativa che non può essere esercitata a discrezione ma solo ed esclusivamente “qualora ne sia impossibile il funzionamento“. Dunque, stando all’art. 31 della legge istitutiva del Csm, lo scioglimento può avvenire per motivi tecnici e non politici. Inoltre, sciogliere il Consiglio, significherebbe dapprima bloccare le sanzioni disciplinari e poi far insediare un altro Csm che si muove sulle regole attuali, cioè quelle da riformare. La vera “ondata di cambiamento” interverrà solo ed esclusivamente con una riforma del suddetto e non con un “voltiamo pagina“.

E a chi spetta riformare il Csm? Al Parlamento. Dunque, i politici, anche quelli coinvolti nella vicenda, dovrebbero sollecitare i rispettivi partiti a proporre una riforma dell’organo della giustizia. E non basta solo quella del sistema elettorale, ennesimo specchietto per le allodole per chi non vuole vedere più a fondo.

Inoltre, l’attacco a Salvini proviene, al contrario di quanto sostenuto da alcuni post circolanti su Facebook, solo da Palamara e non da altri magistrati o da altre correnti. E non proviene dai giudici siciliani, tra cui spunta Zuccaro, cioè il magistrato che più volte ha sposato delle idee “leghiste”, che si sono occupati del caso della Gregoretti. Seppur grave, la questione dell’attacco, il quale non è stato un sollecito bensì un’opinione personale, è stata sicuramente gonfiata più del dovuto.

La Verità, poi, ha anche pubblicato alcuni passaggi che riguardano giornalisti che hanno seguito la vicenda o che hanno rapporti di amicizia e confidenza con Palamara, dando così la sensazione che la questione non sia solo politica o giudiziaria ma che coinvolga anche gli stessi organi d’informazione.

Intrighi, veleni e riforme

La scossa sismica provocata dagli scandali riguarda anche un problema di instabilità “governativa” all’interno della controparte politica della magistratura. Le correnti si avvicendano sul soglio più alto proprio come avviene nel Parlamento. L’instabilità non è però un problema prettamente di categoria, interno alle toghe, poiché gli squilibri della magistratura hanno rischiato di dar seguito ad una crisi di governo.

Gli stessi hanno impedito al contempo di concentrarsi meglio anche sulla questione di Nino Di Matteo, nascondendo le responsabilità politiche di Alfonso Bonafede circa le nomine in due posti chiave, il suo gabinetto e il DAP. Due scelte rivelatesi fallimentari.

Inoltre non bisogna dimenticare che talvolta le maggioranze all’interno dell’organo superiore della magistratura, rispecchiano quelle parlamentari. Ad esempio, quella odierna vede protagonista Area, Unità per la Costituzione ed Autonomia e Indipendenza di Piercamillo Davigo. Quest’ultima gode di una vicinanza ideologica con i Cinque Stelle, mentre Area è molto vicina a posizioni di sinistra.

Si tratta di un particolare non secondario poiché costituisce una delle cause del conflitto in corso con ricadute sulla legittimazione di un organo costituzionale di autogoverno dei magistrati. Se questo è governato da “maggioranze politiche”, che sono lo specchio del Parlamento, come può operare in modo indipendente?

Ovviamente la discussione si è concentrata sui reati, sulle indagini e sulle intercettazioni senza considerare che si sta disquisendo di un potere, quello giudiziario, che in democrazia è cruciale. Si tratta di incarichi e di nomine, come quella a procuratore capo di Roma (che vale tre ministeri, così si dice) di estrema delicatezza, a cui si “era candidato” proprio Palamara. Inoltre, nel caso del vicepresidente David Ermini, questo ammette un po’ ingenuamente di aver ricevuto il “via libera” da due membri che non ricoprivano alcun ruolo nel CSM, il magistrato romano e un membro laico, tale Giuseppe Fanfani. Ermini parla di “riconosciuti capi corrente”.

Ma riconosciuti da chi? Entrambi non avevano un ruolo o un titolo per interessarsi alla sua nomina, poiché non ricoprivano alcun ruolo all’interno dell’organo e delle correnti. Lo statuto di Unicost, ad esempio, assegnano il potere di rappresentanza e di espressione della volontà della corrente al suo presidente e al suo segretario, che erano Silvana Sica e Roberto Carrelli Palombi e da cui David Ermini non ha ricevuto nessun via libera.

I più attenti avranno già notato che gli intrighi che muovono la giustizia in Italia, sono proprio identici a quelli politici che muovono parlamenti e governi. I custodi della regolarità formale hanno perso la consapevolezza del proprio ruolo e della propria posizione.

Le correnti ormai agiscono come ambigue articolazioni di potere, dedite ad un processo di auto-conservazione e di sopravvivenza proprio come i partiti politici italiani della Prima Repubblica prima di Tangentopoli, cioè prima che scoppiasse lo scandalo che ha di fatto smontato il sistema politico su cui si è retto il Paese per ben cinquant’anni.

Si sta verificando nella magistratura quella stessa deriva che ha portato alla degenerazione partitocratica dello Stato con le conseguenze dell’affermazione di movimenti personalistici, come Forza Italia dal punto di vista politico e Indipendenza quello dal punto di vista “giudiziario”. Tutto ciò non può non sollevare qualche dubbio di legittimazione di un organo giudiziario che gestisce delle situazioni istruttorie delicatissime.

E proprio come in politica si cerca il capro espiatorio. Ad esempio, da anni si ripete che il problema della magistratura sia il sistema elettorale. Bonafede ha proposto una riforma che selezioni i candidati non attraverso il voto bensì tramite sorteggio. Una roba incostituzionale, poiché il CSM, secondo l’articolo 104, “viene eletto”. Invece, il problema viene dalla base. Se molti magistrati consci dei problemi della categoria e delle ruberie che riguardano la stessa non si ribellano, la situazione non cambierà mai.

Riecheggiano in questa vicenda le parole di un certo Craxi, il quale, in una fattispecie politica e non giudiziaria, affermò che tutti i partiti prendevano i finanziamenti, solo che nessuno ne parlava perché “facevano comodo“. In poche parole, qui quasi tutti giocano secondo queste regole e nessuno si lamenta. Poi, però, quando vengono fuori gli scandali ci si scanna. Come è accaduto in Parlamento all’inizio degli anni ’90. Nel caso specifico degli scandali della giustizia, l’intera base, chi più o chi meno, sono consapevoli del fatto che qualcosa non funzioni più come prima, o non ha mai funzionato, ma tace.

In questo inverecondo gioco al massacro, lo spettacolo è indecente. Questa è la peggior crisi che la giustizia abbia mai affrontato e appare drammatica la mancanza di figure di riferimento che possano intervenire per sedare la rissa e proporre nuove soluzioni. Molte, consce delle conseguenze, preferiscono stare in disparte.

Le convulsioni generate dagli scandali di solito anticipano i crolli di un sistema. E di certo l’ordinamento giudiziario non è mai stato come oggi vicino ad una crisi senza ritorno, una crisi che coinvolge e mette a rischio la tenuta dell’intero sistema Paese.

Le proposte di riforma, quelle serie, sono state avanzate. Ad esempio ci sono alcuni che vorrebbero territorializzare i togati, individuando collegi più piccoli e nei quali i magistrati possono scegliere persone più conosciute, stimate e apprezzate. Certo, il rischio sarebbe quello di avere una minore rappresentanza delle “idee”, o correnti ma visti i precedenti, non si sa quanto questa possa essere una perdita o un guadagno.

Infine, è palese che la riforma del CSM sia un po’ come quella della RAI, promessa da tutti i partiti in campagna elettorale ma che mai ha visto la luce. Probabilmente nemmeno quella della giustizia vedrà la luce ma il rischio, in questo frangente, è di vedere totalmente assuefatto ai giochini di potere un perno della democrazia, la cui indipendenza è fondamentale per il corretto funzionamento della macchina dello Stato. E per comprendere questo, è importante guardarsi attorno e prendere ad esempio alcuni Paesi, tipo Polonia e Ungheria, dove la magistratura è stata azzerata tramite purghe e pensionamenti anticipati.

ildonatello

ARTICOLI CITATI (FONTI):

Articolo de Linkiesta: https://www.linkiesta.it/2020/05/luca-palamara-csm-magistratura-correnti-ermini-anm-csm/

Articolo de Il Foglio: https://www.ilfoglio.it/giustizia/2019/06/10/news/non-basta-palamara-per-spiegare-i-guai-seri-della-magistratura-259417/

Articolo de L’Opinione della Libertà: http://opinione.it/editoriali/2020/05/26/lucio-leante_palamara-csm-magistrati-giornalisti-pm-falcone-italia-parlamento-cassazione-berlusconi-prodi-salvini-craxi/

Articolo di AGI: https://www.agi.it/politica/news/2020-05-27/csm-mattarella-salvini-meloni-palamara-8734210/

Articolo di Informazione Libera sullo scandalo del 2019: informazioneliberablog.com/il-caso-csm-e-lennesimo-colpo-basso-alla-democrazia

Articolo de La Verità: https://www.laverita.info/nomine-favori-ricatti-e-tradimenti-le-chat-di-palamara-gelano-le-toghe-2645993171.html

Articolo di Facta News, sito di fact checking politico: https://facta.news/fuori-contesto/2020/05/25/palamara-ha-parlato-di-attaccare-salvini-ma-non-e-vero-che-ha-ordinato-ai-magistrati-di-farlo/

Articolo de Ildubbio: https://www.ildubbio.news/2020/05/04/giornalisti-finiti-nella-rete-delle-intercettazioni-aver-chiamato-palamara/

Articolo 104 Cost. dal sito del Senato: https://www.senato.it/1025?sezione=134&articolo_numero_articolo=104

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