Facciamo Chiarezza in 5 Minuti (Rubrica Settimanale) – Si può tornare alla Lira?

Buona giornata a tutti oggi vorrei porre sotto la mia gigantesca lente di ingrandimento l’ennesimo argomento da dibattito televisivo del martedì sera:  perché non tornare alla Lira? Visto l’accrescersi dei nostri problemi a causa dell’Euro, perché non fare marcia indietro e tornare alla nostra cara vecchia moneta, che ha caratterizzato i commerci italiani per più di un secolo?

Non è così semplice e ve lo spiegherò punto per punto. Buona lettura!

PUNTATA NUMERO 4 : SI PUÒ TORNARE ALLA LIRA?

Innanzitutto dovremmo vedercela con il tasso di inflazione, che con la Lira si aggirava (mi riferisco agli anni ’70 – ’80) attorno al 13-14%, era molto alto, ma con l’avvento dell’Euro è sceso attorno al 5%. Adesso il tasso infalzionistico è molto modesto, infatti si aggira attorno al 2%. Ciò mi porta ad affermare che sotto questo punto di vista, il passaggio alla moneta unica rappresenta una vittoria.

Secondo punto : i tassi di interesse. Tali tassi di interesse dei Buoni del Tesoro decennali si aggiravano attorno al 5% al netto dell’inflazione. Ma con l’avvento dell’Euro questi sono scesi fino al 2% fino alla crisi del 2008, quando sono risaliti al 3.4%, mantenendosi però inferiori rispetto al periodo pre-euro.

Terzo punto, e personalmente più importante, il debito pubblico. Francamente l’Italia ha sempre avuto un debito pubblico molto elevato, ma con l’avvento dell’Euro si abbassò. Questo continuò a crescere fino al 122% del PIL fino al 1994. Ma la combinazione fra il calo dei tassi d’interesse e l’aumento dell’avanzo primario ha consentito al Paese di ridurre il suo debito al 104% alla viglia della grande crisi del 2008. Tale crisi ha portato il debito al livello pre-introduzione dell’Euro. Ma gli economisti ritengono che il suo peggioramento sia inferiore rispetto al periodo precedente e che sia prossimo alla stabilizzazione.

L’Italia fa parte dell’Unione Europea e intrattiene rapporti commerciali con l’estero e per essere appetibile il mercato italiano deve essere competitivo. Infatti il valore di una moneta riflette il grado di competitività di uno Stato (quindi dei 16 Paesi adottanti la moneta unica). Se i prezzi e i salari crescono più velocemente in un Paese, rispetto all’Eurozona, i suoi mercati diventano meno appetibili a livello internazionale. A causa dell’aumento dei salari e del rallentamento dell’attività produttiva, l’Italia si è trovata in una cattiva situazione di competitività dopo l’introduzione dell’Euro. Dal 1998,  quando vennero fissati i tassi di cambio, sino al 2011, il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato del 26,7% rispetto ai partner commerciali.

Competitività significa commercio con l’estero. Come tutti ben sappiamo prima dell’Euro la nostra bilancia commerciale ha conosciuto un periodo molto positivo e florido dal punto di vista delle entrate. Negli ultimi tempi però ha riportato un passivo del 3,3% (PIL – 2010). Nel frattempo, la crescita delle esportazioni si è ridotta dal 4,4% (1980-1998), al 2,9% fra il 1999-2009.

La crescita è rallentata molto dopo l’introduzione dell’Euro. Si parla dal 2% annuo del periodo 1980-1998, all’1,5 del periodo 1999-2007. Ai giorni nostri l’Italia non cresce più, anzi decresce. (-0,20%).

Se tali problemi derivino dall’Euro è difficile saperlo. In compenso possiamo affermare che la moneta unica ha portato alcuni vantaggi come i tassi di interesse più bassi e la minor inflazione. Il debito pubblico rappresenta invece una grossa incognita, di difficile risoluzione. Mentre la perdita di competitività e il rallentamento della crescita, rappresentano oggi una sfida molto ardua da affrontare.

E se le cose peggiorassero, cosa dovremmo aspettarci?

Date le divergenze politico-economiche dell’Eurozona, la precaria situazione italiana e il peggioramento dell’economia globale, i tassi di interesse cresceranno ulteriormente e l’Italia potrebbe fare la fine della Grecia, avviando una spirale discendente di incremento di debito pubblico e di recessione. E arrivati a questo punto, l’Italia potrà abbandonare l’Euro?

L’uscita dall’Eurozona comporterebbe costi operativi e costi economici.

I costi operativi sarebbero molto alti, ma superabili. Quelli preoccupanti sono quelli economici. Perché dico questo? Perché Paesi che non molto tempo fa hanno trasformato le loro economie in macchine per la produzione di armi e hanno combattuto una guerra sono perfettamente in grado di coniare una nuova moneta. Non ci sarebbero sostanziali problemi.

I costi economici, invece, sarebbero enormi. La reintroduzione e la svalutazione della lira avrebbero senso soltanto se questo deprezzamento fosse abbastanza grande da contribuire al ripristino della competitività. Ma una svalutazione di queste dimensioni, renderebbe impossibile ripagare i debiti, per lo Stato e per le aziende, espressi in dollari ed euro.

Alcune famiglie e imprese con beni all’estero potrebbero guadagnarci da una svalutazione. Ma lo Stato italiano e le imprese che chiedono prestiti sul mercato internazionale si troverebbero esposti a grosse perdite e correrebbero il rischio di fallimenti. Le banche fallirebbero, poiché la loro liquidità si esaurirà e molte aziende e famiglie perderanno grosse somme di denaro. Risultato? Crisi finanziaria e fallimento totale di uno Stato.

La conclusione che si può trarre da questa vicenda è che non conviene (per ora) rinunciare alla moneta unica e tornare alla Lira. L’unica cosa possibile da fare (e che i nostri politici dovrebbero eseguire) è quella di varare delle misure che aumentino la produttività e che facciano riavviare la crescita.

il solito saluto affettuoso

ildonatello

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