Quanto costano le promesse dei partiti? – Elezioni Politiche 2018

Buongiorno, ormai ci siamo. Manca davvero poco e noi italiani ci recheremo alle urne per decidere le sorti del nostro amato Paese. E’ stata una campagna elettorale molto dura, tenuta con toni insostenibili e con una violenza verbale (e non solo) inaudita. Chi vi scrive è altamente indignato per gli episodi di violenza tra fascisti e “antifascisti”, mi riferisco all’episodio di Piacenza, con un carabiniere selvaggiamente malmenato e ad altri episodi di cronaca che intasano le pagine dei nostri giornali.

Ma una campagna elettorale non dovrebbe essere basata su queste barbarie ma su ben altri temi.

Mentre gironzolavo su internet mi è capitato di incrociare alcuni articoli di onorevoli testate che riportavano le varie promesse elettorali delle principali fazioni politiche e mi sono chiesto…quanto possono costare le promesse dei partiti? Ovviamente si tratta appunto di abbagli volutamente giganti per attirare più voti possibili, spostando la campagna elettorale su “chi la spara più grossa”.

E noi goliardicamente le analizzeremo…

Diceva qualche testa saggia “ogni promessa è debito”…soprattutto in campagna elettorale dico io, senza coperture finanziarie adatte i partiti si ostinano a promettere “la Luna” per ottenere più preferenze possibili.

Si, senza coperture, perché a fine 2017 il debito pubblico ha raggiunto quota 2.256,1 miliardi di euro, circa 35 miliardi in più rispetto al 2016. Come si fa a realizzare una serie di promesse senza tenere conto della tenuta delle finanze pubbliche?

Dal tanto decantato reddito di cittadinanza proposto dal Movimento Cinque Stelle, al reddito di dignità di Forza Italia e alla Flat Tax del Centrodestra, fino all’assegno mensile per i figli a carico proposto dal Partito Democratico. Tutte proposte allettanti, ma che cercano coperture finanziarie e non tutti i partiti hanno dettagliato i costi e le spese delle proprie riforme.

Vediamo nel dettaglio:

Le promesse del PD costano circa 38 miliardi di euro, cioè l’1,9 del PIL. Il programma come anticipato, prevede un assegno mensile per i figli a carico, più sussidi per contrastare la povertà, investimenti in grandi opere pubbliche e meno tasse sulle imprese. Tutto bene fino ad ora, ma le coperture finanziarie ci sono?

Il Partito Democratico dichiara di voler ridurre di 30 punti percentuali il rapporto tra debito pubblico e PIL nel giro di 10 anni. Cioè dal 131,6 % del 2017 al 118% nel 2022 e al 100 nel 2029. E tutto ciò all’ombra della crescita annua all’1,4% lasciata dal Governo Gentiloni uscente, un buon lavoro. Ma gli esperti non sono così ottimisti poiché secondo alcuni studi condotti da Repubblica il rapporto Debito-PIL salirebbe di 3 punti nel 2022 (134,8%). Tirando le somme le riforme renziane costerebbero tra i 38 miliardi e 58 miliardi di euro (fonte Repubblica).

Inoltre bisognerebbe toccare con mano i benefici che potrebbero essere prodotti da tali riforme. Un esempio? Gli 80 euro di Renzi. Un altro cavallo di battaglia del PD che non ha però prodotto gli effetti desiderati, infatti hanno prodotto ben 3 miliardi di euro di consumi in più ma ne sono costati 10.

Anche Liberi e Uguali, di Pietro Grasso, e Più Europa, di Emma Bonino, hanno un loro programma di riforme economiche e pubbliche come la lotta all’evasione fiscale che dovrebbe portare più di 30 miliardi l’anno nelle casse dello Stato e la riduzione delle tasse universitarie che toglierebbe fondi alle stesse. In particolare modo la riduzione delle tasse da parte di Grasso porterebbe ad un buco di 145 miliardi e le previsioni della Bonino, di ridurre il rapporto Debito/PIL al 109% al 2022, sollevano molti dubbi nei più scettici.

Una cosa è chiara: a Sinistra sono tutti ottimisti. E a destra?

La coalizione di centrodestra è una, ma le correnti riformistiche sono tante. Si stimano spese per un totale di 136 miliardi di euro. E lo schieramento composto da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia prevede tra le varie riforme, tagli alle tasse, investimenti sulla sicurezza e sulle pensioni. Inoltre divide ancora l’abolizione della legge Fornero, da parte di Salvini che fino ad ora trova l’opposizione di Berlusoni, e di addottare una Flat Tax. Un programma interessante e davvero “di buone intenzioni” ma la stima delle coperture si ferma solo a 82 miliardi, quindi il programma lascerebbe un bel buco di 54 miliardi di euro (2,6% del PIL).

La cosa che fa discutere è la diversa stime che Forza Italia e Lega fanno sull’avanzo primario (la differenza tra entrate e uscite dello Stato, il risparmio in poche parole). Infatti il primo ritiene che l’avanzo passerebbe dall’1,7% del 2017 al 4% del 2022, la Lega invece sembra meno ottimista poiché lo vedrebbe scendere allo 0,3%. Perché questo? Da dove derivano queste stime?

Gli esperti di economia, come Cottarelli direttore dell’Osservatorio dei Conti Pubblici, ci dice che Forza Italia basa le sue stime su ipotesi molto ottimistiche. E nel programma mancano dei diversivi o quant’altro per ottenere ben 101 miliardi di euro fino al 2022.  Alcuni diversivi potrebbero provenire attraverso delle privatizzazioni, contando di incassare (secondo il Cavaliere) 10 miliardi di euro l’anno.  Ancora, Forza Italia entro il 2022 vorrebbe arrivare al 112,8% del rapporto Debito-PIL, mentre come detto in precedenza è più probabile che aumenti di 4 punti (al 135,8%). La previsione di crescita è del 4%, il doppio di quella stimata nel 2017.

Ora però rivolgiamo lo sguardo sul cavallo di battaglia della coalizione di centrodestra: la Flat Tax.

La Flat Tax sarebbe coperta dal taglio delle detrazioni fiscali, un taglio di circa 460 voci, rischiando di aumentare la pressione fiscale per alcune. Quindi sarebbe soltanto una ridistribuzione di pesi e contrappesi più che una riforma vera a propria. Il costo di tale riforma costerebbe circa 50 miliardi di euro, circa 16 miliardi in meno delle stime dell’Osservatorio. L’altra “Chiesa”, quella dei favorevoli alla Flat Tax, sostengono che il gettito IRPEF (cioè la pressione sulle imposte sui redditi) calerebbe di 72 miliardi, che comunque sarebbero rimpiazzati dall’aumento dell’IVA al 25% e da tagli per 60 miliardi di euro.

L’altra componente della coalizione di centrodestra, la Lega, si pone l’obiettivo di ridurre il rapporto Debito-PIL di 11 punti percentuali in cinque anni. Come? Soltanto attraverso un’accelerazione della crescita del 2,5%. In barba alle riforme, l’Italia ha i mezzi necessari per fare tutto da sola. Inoltre senza coperture per 24 miliardi al 2022 Salvini dichiara di voler superare il tetto del deficit del 3% (cioè quel dannato Patto di Stabilità e Crescita delle politiche pubbliche degli anni ’90 che sottolineò che anche i Paesi che non erano pronti per l’euro potevano aderirvi previo rispetto di alcuni parametri correttivi da rispettare nel corso del tempo) e di cancellare la Legge Fornero, senza i 21 miliardi di euro necessari per farlo. E ciò provocherebbe anche degli effetti sul futuro, circa 140 miliardi al 2035. Molti giornalisti ed economisti ritengono che la Legge Fornero che per quanto possa far risparmiare allo Stato, intacca il ricambio generazionale, sia un punto di non ritorno. Almeno per ora.

Il Movimento Cinque Stelle hanno l’obiettivo di ridurre il rapporto Debito-PIL di ben 40 punti percentuali nel giro di dieci anni. Non credo ci sia bisogno di aggiungere che per fare una cosa del genere dovremmo avere un tasso di crescita annuo dell’8% come la Cina o sperare in un surpIus di bilancio miracoloso. Di contro queste ottimistiche ipotesi, il programma dei penta-stellati prevede misure per 103 miliardi, entro il 2022 lasciando un buco di 64 miliardi, cioè il 3% del PIL.

Risultato? Il contrario degli auspici del Movimento: un aumento del rapporto Debito-PIL di 7 punti al 2022 (138,4%).

 

Mentre costa 14 miliardi di euro l’abolizione delle tasse per i redditi inferiori ai 10mila euro. La riforma delle aliquote IRPEF e la riduzione dell’IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive) costano altri 22 miliardi. Abolire la riforma Fornero, come detto in precedenza, necessita di altri 21 miliardi.

Da dove arriverebbero i fondi necessari ad attuare queste riforme? Circa 10,5 miliardi, arriverebbero da una revisione del sistema pensionistico.

E la tanto decantata riforma del reddito di cittadinanza? Quanto costa? Il reddito di cittadinanza richiede quasi 15 miliardi di euro stando al programma del Movimento. In realtà, le stime reali condotte dall’Osservatorio dicono ben altro: servirebbero circa 30 miliardi di euro, euro più euro meno. Circa il doppio delle stime. Le riforme dei Penta-stellati lascerebbero un buco di 79 miliardi.

Se dovessimo far riferimento a queste “promesse elettorali”, le riforme promosse dai vari partiti e riportate nei programmi sarebbero irrealizzabili e ci troveremmo di fronte all’ennesima presa in giro da parte dei potenti. La speranza, che si dice sia quella che muore per ultima, è sempre la stessa: che una volta al Governo i vari politici attuino ciò che hanno promesso o almeno una parte dei loro programmi, per il bene e gli interessi del Popolo italiano sovrano.

Il 4 Marzo si avvicina e l’attesa si fa sempre più snervante, almeno per coloro che si preoccupano del futuro del loro Paese.

ildonatello

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