Il DEF ricopre un’importanza fondamentale perché delinea gli scopi che lo Stato intende perseguire in materia di bilancio e permette, tra l’altro, al Parlamento Italiano di conoscere anticipatamente le linee di politica economica-finanziaria che il Governo intende mettere in pratica. Al Governo, inoltre, spetta la modifica dello stesso documento se i parlamentari intendono cambiarne le linee guida.
Il documento è così suddiviso:
- criteri dell’andamento dell’economia (contabilità nazionale/pubblica)
- tempi entro i quali perseguire l’obiettivo (politica economica programmata)
- risultati finali
Ma il tema su cui vorrei soffermarmi più a lungo è il documento di economia e finanza del Governo giallo-verde che ha sollevato una marea di polemiche e che è stato definitivamente bocciato dai vertici europei, nella persone di Pierre Moscovici e Gunther Oettinger. Le motivazioni, contenute in una lettera, sottolineano la pericolosità delle intenzioni italiane per i bilanci dell’intera Unione. Il Governo italiano ha prontamente risposto, ma le attuali possibilità di manovra sono davvero poche per i giovani e inesperti governanti.
Il DEF italiano, sottoscritto dal Governo Gentiloni nell’Aprile del 2018, prevedeva una diminuzione del debito pubblico sotto i 130% del rapporto deficit/PIl e una crescita stabile, attorno all’1,5%, della nostra economia. L’Europa in questo caso si mostrò più flessibile e accomodante. L’attuale Nota di aggiornamento, scaturita dall’insediamento del nuovo Governo, ha cambiato le carte in tavola. Innanzitutto, il bilancio settembrino del Governo Conte ha previsto uno sforamento del rapporto deficit/PIL del 2,4%, rispetto allo 0,8-1,6 gentiloniano, e uno stanziamento di 40 miliardi di euro di denaro pubblico per delle misure assistenzialistiche/risarcitorie nei confronti della popolazione meno abbiente. Questi 40 miliardi di euro vanno a coprire le seguenti spese:
- circa 10 miliardi per il reddito di cittadinanza. Una misura che è ancora avvolta in un alone di mistero, ancora poco chiara, ma che dovrebbe, nei progetti pentastellati, rimettere in circolo la moneta.
- 8/9 miliardi per il superamento della Legge Fornero.
- 12,4 miliardi per il blocco dell’aumento dell’IVA (misura invisa dall’UE)
- 1,5 miliardi per un fondo assistenziale per risarcire i truffati dalle banche.
- 3,6 miliardi per le “spese indifferibili”.
Ovviamente, le posizioni dell’opinione pubblica sul DEF sono contraddittorie tra loro, divise in due schieramenti: c’è chi è favorevole a tale programmazione perché rappresenterebbe un segnale di crescita economica e di consumi che potrebbe solo far bene all’Italia; c’è invece chi considera questa manovra l’ennesima scommessa italiana per risollevarsi dalla crisi dei debiti sovrani del 2011. Una scommessa destinata a fallire a causa delle misure troppo ottimistiche che porterebbero ad uno sperpero di denaro pubblico.
Fatto sta che molti imputano la genesi di tale documento al Governo Gentiloni, reo di aver truccato i conti pubblici italiani per farli apparire meno “tragicomici” agli occhi dell’Unione Europea, che è passata da vittima a carnefice.
L’errore dell’attuale Governo, secondo l’opinione (condivisibile) di alcuni politologi, è stato quello di non aver comunicato in tempo ai vertici di Bruxelles il repentino cambio di rotta economico negli incontri che si son tenuti tra il Giugno e il Luglio di quest’anno. La bocciatura era prevista, poiché l’Italia avrebbe dovuto redigere la Nota di aggiornamento sui dati di Aprile.
Ora, le agenzie di rating e il FMI (Fondo Monetario Internazionale), ci condannano non solo a causa dell’instabilità politica portata da questo “vento di cambiamento” ma anche per le incertezze economiche scaturite dalle misure troppo ottimistiche propagandate dal Ministro Tria e dal suo entourage. Le misure e i declassamenti (i nostri titoli sono un grandino su quelli che sono considerati “titoli spazzatura”), potrebbero scoraggiare gli investimenti privati, vera ninfa vitale del nostro Paese che abbisogna di liquidità e fiducia.
Ciò che scoraggia l’Unione Europea (e non solo), è l’elevato debito pubblico italiano che ruota attorno ai 131,8% del PIL. La manovra prevede un aumento del debito per favorire misure pensionistiche e previdenziali per il lavoro, una decentralizzazione della contrattazione salariale per allineare così i salari con la produttività a livello nazionale.
La Manovra messa in campo dal nostro attuale Governo è quella che viene chiamata “manovra espansiva”, all’interno di uno scenario in cui l’economia rallenta e con un reddito di cittadinanza che sarà elargito senza nessun tipo di previsione di riforma dei centri pubblici di impiego. Ma è pur vero che l’austerity è la vera matrigna della crescita e solo con il suo superamento l’economia può tornare a crescere. Il taglio delle imposte, dovrebbe essere accompagnato da un taglio della spesa pubblica evitando così di fare deficit. Gli economisti più spregiudicati non danno credito a quel numeretto che accompagna la dicitura “deficit/PIL, visto che anche Francia e Germania hanno in passato sforato il rapporto, ma danno importanza alle misure economiche per la crescita e quanti fondi son loro destinati.
Non voglio, con questo mio primo articolo, avviare un’analisi che vada a spulciare tutti gli studi e i dati economici dietro alle prossime misure, ma, opinione personale, credo che il documento di economia e finanza italiano sia più una sfida all’Unione Europea e alla sua politica tentacolare che una manovra nel vero senso della parola. La necessità di ricercare legittimazione attraverso il mantenimento delle promesse elettorali e la sicurezza della bocciatura da parte della Commissione per il bilancio dell’UE hanno rafforzato questo Governo, che ha trovato un nuovo capro espiatorio a Bruxelles.
Ma questo è un gioco pericoloso, una scommessa troppo grande per il popolo italiano. La scena politica, tra “manine” e “giochi sporchi” è più instabile che mai, il futuro è altrettanto incerto. Lo spread, anche se “pilotato”, sale e scongiura investimenti esteri mentre i poteri forti tendono a dividersi su cosa sia giusto/sbagliato fare. Si spera, io in primis, che il mito dell’Europa del dialogo e della solidarietà non finisca in questo modo e ancor di più spero che l’Italia, volando troppo alto, non si bruci come fece Icaro che, preso dall’ebbrezza del volo, vide il suo sogno svanire.
andrea